Si è tenuto il 6 marzo 2021, in occasione della Giornata Mondiale del Linfedema, il webinar “Il linfedema e lo sport: il connubio è possibile?
Il webinar, organizzato dalla dott.ssa Elodie Stasi e dal Prof. Dario Roccatello, direttore del CMID (Centro interregionale delle Malattie Rare del Piemonte e della Val d’Aosta), ha riscosso un grande interesse, perché sono ancora troppi i pareri discordanti sulla relazione tra sport – o attività fisica in generale – e linfedema.
Le paure dei pazienti sono tante, ma in realtà i benefici portati dal movimento, dall’adrenalina sportiva e dalla soddisfazione derivante dal poter seguire le proprie passioni sono spesso ben maggiori dei rischi di eventuali incidenti. Il webinar è stato dedicato a questi temi, sottolineando l’importanza di non rinunciare a alle proprie passioni e ai propri interessi a causa del linfedema, bensì di provare a sperimentare in prima persona, con il proprio corpo, fino a dove ci si può spingere e quali siano le attività più adatte per ognuno.
Il webinar è stato introdotto dal Prof. Dario Roccatello, Direttore del Centro Multidisciplinare di Ricerche di Immunopatologia e Documentazione sulle Malattie Rare di Piemonte e Val d’Aosta (CMID) dell’Ospedale San Giovanni Bosco di Torino, e ha illustrato la situazione attuale del linfedema in Piemonte ed i progressi fatti degli ultimi vent’anni. Ha presentato il percorso diagnostico e terapeutico per i pazienti di linfedema (PDTA), che rappresenta il documento di consenso della Regione Piemonte, annunciando che dal 2021 i test genetici faranno parte della diagnosi dei pazienti con linfedema primitivo.
Il dr. Giancarlo Rando, fisiatra, direttore del centro per la cura del linfedema dell’Ospedale “Michele e Pietro Ferrero” di Verduno e specialista in Medicina dello Sport, ha spiegato come i pazienti spesso interrompano l’attività sportiva quando si manifesta il linfedema perché ci sono poche informazioni chiare a riguardo. Il suo messaggio principale è stato quello di non rinunciare a priori, che tutto è possibile, ma bisogna conoscere e comprendere i propri limiti. Diventa importante, quindi, monitorare i propri progressi, utilizzare la compressione durante l’allenamento e preferibilmente avere un programma personalizzato.
In seguito, la dott.ssa Elodie Stasi, fisioterapista del CMID, che si dedica ai pazienti con linfedema da più di 25 anni, ha presentato il progetto “Abreast in a boat”, un progetto lanciato in Canada nel 1996 e monitorato dal medico Dr. Mckenzie, che ha come attrici principali le donne operate di cancro al seno. Gli studi condotti sulle pazienti con linfedema (Harris et al. 2000) non hanno mostrato differenze nelle misurazioni dopo 8 mesi di allenamento e dopo le competizioni cui hanno partecipato. Inoltre, le pazienti hanno riscontrato una diminuzione dell’indice di massa corporea e quindi un effetto positivo sulla gestione del linfedema. È tuttavia l’aspetto psicosociale degli sport di squadra l’aspetto davvero importante per coloro che sono sopravvissuti al cancro e per i pazienti con linfedema. Importante prepararsi e farsi guidare da un laureato in scienze motorie, da un fisioterapista, da un fisiatra e da un medico dello sport, specialmente quando un paziente con linfedema intende iniziare a praticare uno sport più intenso.
Testimonianze delle pazienti – Dragonette Torino Onlus eAssociazione Dragonesse Avigliana
Nome: Herta
“Tre anni dopo il trattamento contro il cancro il braccio si è gonfiato e l’ho protetto come se fosse di vetro. Dopo 10 anni, ho incontrato altre pazienti e sono entrata a far parte della squadra delle Dragonette. Ho notato subito un miglioramento. Indosso sempre il mio bracciale compressivo, anche quando pratico il dragon boat. Lo cambio regolarmente ed è una parte essenziale della mia vita e del trattamento del mio linfedema. Faccio fisioterapia, ricevo il drenaggio linfatico manuale e il bendaggio.”
La dott.ssa Isabella Giustino, fisioterapista dell’ASL Città di Torino e della squadra delle Dragonette, ha spiegato che, durante il primo lockdown per Covid, molte pazienti con linfedema hanno riscontrato un peggioramento del’arto edematoso. Nel periodo estivo, in cui ci sono state meno restrizioni, hanno svolto invece 14 sessioni di allenamento, monitorando il volume con misurazioni pre e post allenamento e registrando miglioramenti nell’edema. La dott.ssa Giustino sottolinea inoltre che parte dell’allenamento consiste anche in un buon riscaldamento per ridurre il rischio di lesioni.
Paola Zaccagni ha spiegato che “non tutte le donne sottoposte a cure contro il cancro erano sportive, ma lo sono diventate unendosi alla squadra delle Dragonesse di Avigliana. Questo è uno sport di solidarietà, per tutti, indipendentemente dalle capacità fisiche. Bisogna venire, vedere, provare.”
Abbiamo vissuto un momento molto delicato e commovente quando Michela, un altro membro della squadra delle Dragonesse e paziente con linfedema secondario, ha dato la sua testimonianza da un letto d’ospedale nella stazione intensiva di un ospedale di Torino, dove è in cura per Covid-19. I medici le hanno detto che grazie agli allenamenti, la risposta alle Terapie in corso è molto valida.
Per maggiori informazioni sul dragon boat segui il link: Home | International Breast Cancer Paddling Committee (ibcpc.com)
Il dr. Giuseppe Parodi, Medico dello Sport dell’Asl Città di Torino, ha sottolineato che l’attività fisica deve essere svolta con regolarità. Tre fattori importanti sono il tipo di attività, l’intensità e la frequenza. Ha spiegato quanto sia importante l’attività fisica nella prevenzione e nel trattamento delle malattie croniche. Parodi ritiene, infatti, che dovrebbe essere prescritta e adeguatamente adattata a chi ha una malattia cronica, perché l’attività fisica non ha solo un effetto positivo sul ritorno venoso, sul metabolismo, sui muscoli, sul sistema linfatico ma anche sulla salute mentale.
Il dr. Marco Pozzato, nefrologo dell’ospedale San Giovanni Bosco di Torino, ha introdotto “Fit Walking” (chiamato anche Power Walking) e ha spiegato come l’attività fisica possa ridurre il rischio di molte condizioni come ipertensione, diabete e malattie cardiovascolari. E perché suggerisce il “Fit Walking”? Perché una persona normalmente cammina ad una velocità di 3-4 km/h. Con la camminata vivace si raggiungono i 4-6 km/h e con la camminata veloce i 6-8 km/h.
Esistono tre categorie di “Fit Walking”:
1. Come stile di vita: per chi ama già fare passeggiate, ma vuole migliorare la propria postura e il proprio stile di camminata
2. Stile performer: per migliorare le capacità fisiche alla ricerca del tono muscolare e potenzialmente perdita di peso
3. Stile sportivo agonista: per coloro che si allenano in modo competitivo e per le gare, che cercano uno sport di prestazione
Il Fit Walking è un tipo di attività moderatamente faticosa. Esiste una tecnica specifica da imparare, in quanto coinvolge anche le braccia e la parte superiore del corpo. Ha molte similarità con il Nordic Walking, che utilizza anche i bastoncini, ma è importante che i pazienti abbiano un periodo di apprendimento della corretta tecnica prima di cominciare a praticarlo. I pazienti con problemi renali e altre malattie correlate, monitorati dal dr. Pozzato, hanno sperimentato un significativo miglioramento della loro pressione sistolica e diastolica. Come previsto, anche il loro indice di massa corporea è migliorato. Il dr. Pozzato ritiene anche che l’attività fisica debba essere suggerita ai pazienti esattamente come le terapie farmaceutiche.
Durante il webinar è stato anche annunciato che, non appena le restrizioni relative al Covid-19 saranno rimosse, un nuovo progetto di Fit Walking, guidato e monitorato, sarà proposto ai pazienti con linfedema ali arti inferiori, così come a quelli con lipedema.
Testimonianza di Elena Matta, paziente con linfedema primario alla gamba sinistra, ePAG per l’Italia (European Patient Advocate of Pediatric and Primary Lymphedema) e membro del direttivo di Lymphido ONLUS. (LINK)
Elena ha raccontato che fin da piccola i suoi genitori l’hanno sempre incoraggiata a fare sport, a provare diverse attività fisiche, partecipando sia a sport di squadra sia a quelli individuali. Ma lei si è innamorata dello sci, praticandolo come sport agonistico fino all’età di 18-19 anni.
Elena vive nel nord Italia dove ci sono molte opportunità per sciare. Tra il 2006 e il 2007 stava frequentando il corso FORMONT per diventare maestra di sci, e, un giorno, dopo un’intera giornata di allenamenti, le si è gonfiato il ginocchio. Tuttavia, ha continuato regolarmente con l’allenamento il giorno successivo e dopo pochi giorni l’intera gamba sinistra si è gonfiata in modo anomalo. Una volta tornata in città, si è rivolta a molti medici, si è sottoposta ad una lunga lista di diversi esami per escludere trombosi, rotture di legamenti, cancro … fino a quando, sei mesi dopo il primo gonfiore, le è stato diagnosticato un linfedema primario. Nel frattempo, è riuscita a superare tutti gli esami per diventare maestra di sci, con il linfedema, e a proseguire gli studi in Ingegneria.
Subito dopo la diagnosi, Elena aveva ridotto l’attività sportiva, perché le era stato detto così da diversi medici, ma si resa conto che non poteva rinunciarci. Lo sport faceva parte di lei, della sua storia, della sua personalità. Quindi, ha ricominciato a nuotare, a correre, a sciare, e si è sentita di nuovo meglio e la sua gamba stava bene. Ha anche fatto escursioni nel deserto ed è diventata scuba diver mentre lavorava in Egitto. E quando è rientrata in Italia, è tornata sulle sue amate piste.
Indossa sempre calze compressive, alternando tra le nuove e le vecchie per adattarsi all’attività fisica che svolge. Ha sperimentato tanto e ha imparato cosa è meglio per la sua gamba, tanto da affermare: “Se preferisci, puoi anche allenarti senza compressione. L’importante è che dopo rimetti le calze o, ancora meglio, ti fai un bendaggio multistrato “. Il suo messaggio chiave è “Sperimenta con il tuo corpo sport diversi, con prudenza e consapevolezza e non rinunciare alle attività che ami, alla tua passione per lo sport, solo perché hai il linfedema”. Infatti, nel suo caso, lo sport è una vera terapia di successo per tenere sotto controllo la sua patologia.
Testimonianza di Rossella, paziente di linfedema secondario ad entrambe le gambe
Nel 2018 Rossella ha subito svariate operazioni a causa del cancro che le era stato diagnosticato (i linfonodi sono stati prelevati dall’addome). È stata informata dai suoi oncologi che, essendo una sportiva, avrebbe avuto bassissime possibilità di sviluppare il linfedema (nel 5% dei casi) e, quindi, non stava davvero prestando molta attenzione al rischio. Dopo un anno ha invece sviluppato il linfedema in entrambe le gambe ed ora anche nei genitali e nell’addome inferiore. Non poteva crederci…. prima il cancro e poi il linfedema.
La sua grande passione era correre, ma il suo oncologo e anche molti fisioterapisti le dissero che doveva smettere e che doveva invece cominciare a nuotare. Rossella allora ha deciso approfondire, informandosi, e cercando di gestire il linfedema, perchè era determinata a non rinunciare alla corsa. Ha incontrato medici e fisioterapisti per informarsi su questa condizione e sui suoi limiti. Infine, ha trovato un medico che l’ha sostenuta nel suo desiderio di continuare a correre.
Quindi si è ricentrata su sé stessa, faceva già parte di una squadra di corsa e ha iniziato a prepararsi per una gara di 30 km, che ha concluso con successo, nonostante il disagio di indossare la compressione e il dolore. “Metto le calze ed anche i bermuda compressivi quando corro. E’ dura, ma non è impossibile” dice. Ed anche questo significa non arrendersi per qualcosa che si ama e che è parte di noi.
Rossella continua: “Vivo con il mio linfedema e ascolto con attenzione i segnali del mio corpo. Siamo tutti diversi, ma non dobbiamo arrenderci mai nonostante tutto. Il mio tatuaggio me lo ricorda”.
Testimonianza di Maurizio, paziente con linfedema primario ad entrambe le gambe. Ha un figlio con linfedema primitivo. Vicepresidente di Lymphido ONLUS.
Quando a Maurizio, allora bambino, è stato diagnosticato il linfedema, gli è stato fortemente sconsigliato di praticare sport di squadra. Quindi, il calcio era fuori discussione. Maurizio ricorda di esser stato costretto a guardare dal suo balcone di casa gli amici che giocavano a pallone, desiderando di poter unirsi a loro. Quando è cresciuto, c’erano ancora poche informazioni sul linfedema e non ancora i social media. I suoi genitori hanno viaggiato in tutta Italia per trovare medici che li potessero aiutare.
Quando è nato Matteo, il figlio di Maurizio, si sono trasferiti in Piemonte, dove hanno trovato medici che conoscevano bene il linfedema primario. Li hanno aiutati con informazioni e supporto. “Abbiamo imparato a conoscere le opzioni di trattamento e le tecniche per gestire il linfedema, compresa l’attività fisica”. Matteo non è appassionato di sport individuali, ma di squadra, è un ragazzo molto attivo e gioioso. Quindi, quando ha scelto il rugby, uno sport piuttosto rischioso, gli abbiamo comunque permesso di provare. “Mi sono sempre sentito come il pesce fuor d’acqua guardando gli altri dalla finestra, non volevo che mio figlio facesse quell’esperienza”.
Il rugby per Matteo è stato un successo, grazie anche alla sua squadra e ai medici che lo hanno seguito. “Adesso sta crescendo come un ragazzo normale” dice Maurizio e continua “voglio consigliare a tutti di lasciar praticare attività fisica e sport ai propri figli, per formare il carattere e per il conseguente benessere psicologico”. Matteo ha anche sperimentato una regressione del suo linfedema alla mano, proprio grazie al rugby.
Maurizio e la sua famiglia si sono uniti ai campi ludico educativi estivi per i bambini di linfedema, organizzati da Lymphido e dal CMID e facenti parte del progetto internazionale dell’ILF ( International Lymphedema Framework – The Children’s Project – https://www.lympho.org/childrens-project/ ) sostenendo che sia estremamente importante non solo imparare a gestire il proprio linfedema, ma anche sentirsi parte di una comunità, vedere altri bambini nella stessa situazione e imparare a superare le battaglie quotidiane.
Se ti senti ispirato/a da queste testimonianze e vuoi far parte del gruppo di corsa, segui il link https://www.facebook.com/groups/LymphieStrongFitnessClub
Se hai un figlio con linfedema e sei interessato al progetto bambini, scrivi a linfedema.cmid@gmail.com
Se sei interessato/a a leggere il blog post che ha scritto Pernille Henriksen a proposito del webinar (in lingua inglese), vai al link https://lymphiestrong.com/2021/03/23/sport-and-lymphedema-the-ongoing-debate/.